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Pubblicato il 06 Agosto, 2017

Thyssen: 16 anni all’amministratore delegato

 

Commento da parte di ing. Riccardo Borghetto, amministratore Unico Lisa servizi sulla sentenza Thyssen

I 7 operai morti bruciati vivi la notte del 6/12/2007 nello stabilimento Thyssen hanno lasciato un segno molto forte nelle coscienze, negli addetti ai lavori e anche nella giurisprudenza.

L’onda emotiva che il disastro ha generato nel paese ha portato il governo di allora (Prodi) ad approvare, prima della sua caduta, il testo unico sicurezza che aumentava in modo significativo le sanzioni per le violazioni alle norme di legge.

Si può dire che la tragica vicenda Thyssen ha contribuito a realizzare il Testo Unico Sicurezza.

Ora siamo ad un’altra importante svolta nell’ambito delle sanzioni nell’ambito della sicurezza sul lavoro. Con la prima sentenza del Tribunale di Torino che ha condiviso la linea innovativa tenuta dal pubblico Ministero Raffaele Guariniello abbiamo una novità assoluta sia per l’Italia che per l’Europa. Di questo tutte le aziende e consulenti dovranno tenere conto.

E’ la prima volta in Europa infatti che un processo di sicurezza sul lavoro porta ad una sentenza di condanna per  un amministratore delegato (nello specifico quello della Thyssen) non per omicidio colposo, ma per omicidio VOLONTARIO con dolo eventuale.

Il tipo di indagini che sono state effettuate utilizzando la stessa tecnica investigativa di  reati più gravi di contrasto alla criminalità organizzata, con perquisizioni, sequestri di documenti e di computer, hanno permesso di dimostrare che il Top Management sapeva perfettamente della situazione di rischio grave, e l’aveva accettata, anche a rischio di un incidente.

Il concetto di volontario nell’immaginario collettivo equivale a dire che si è voluta la morte degli operai da parte dell’ amministratore delegato della Thyssen definito un assassino.

Il passaggio da omicidio per colpa a omicidio volontario con dolo eventuale comporta una diversa classificazione dell’evento, con l’applicazione di sanzioni più gravi.

La sentenza di condanna a 16 anni di reclusione è particolarmente severa per  l’amministratore delegato. Altri dirigenti sono stati condannati a 9 anni di reclusione con altre motivazioni. Il collegio giudicante non solo ha sposato in toto la linea del PM Raffaele Guariniello, ma ha addirittura aumentato in qualche caso le pene richieste.
Oltre alla sanzione sulla persona sono state applicate le sanzioni di cui al D.lgs 231/01:
-sanzione pecuniaria di 1 Milione di euro
-esclusione da contributi e sovvenzioni pubbliche per sei mesi
-divieto di farsi pubblicità per sei mesi
-la sentenza dovrà essere pubblicata su una serie di quotidiani e affissa nel Comune di Terni, dove c’è la principale sede italiana del gruppo. 

Oltre alle sanzioni vi sono i risarcimenti alle parti civili:

– un milione di euro al Comune di Torino
– 973.300 euro alla Regione Piemonte
– 500 mila euro alla Provincia di Torino
– 100 mila euro ciascuno ai sindacati Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uim-Uilm, Flm-Cub
– 100 mila euro anche all’associazione Medicina Democratica. 

La fase delle condanne non è ancora finita. Il tribunale si dovrà esprimere in merito anche sulle indagini a carico di 4 dirigenti per falsa testimonianza nonché a carico del consulente che ha effettuato la relazione per la sicurezza dell’impianto torinese ritenendo che ci possa essere una imputazione per omicidio colposo.

Per il PM Raffaele Guariniello “questa sentenza può produrre effetti deterrenti sugli uomini d’azienda che siedono nei CDA, dove si fanno le scelte sulla sicurezza del lavoro:se fai male la valutazione del rischio, sei colpevole e invece di una condanna virtuale rischi il carcere”.

La sentenza ha già scatenato i commenti delle parti interessate: politici, sindacati, imprese.

Altri verranno come tutti gli eventi che creano una discontinuità con il passato.

C’è chi è contento per la sentenza che “lancia un monito alle aziende” e chi invece è preoccupato che le grandi  multinazionali spaventate da argomentazioni giuridiche tutte Italiane e sproporzionate, abbandonino il nostro paese.

Confindustria, a cui Thyssen è associata, mantiene al momento una posizione di prudenza, sottolineando che “è una sentenza molto forte” e non nasconde la propria preoccupazione.

Confindustria sottolinea che la cosa più importante è la prevenzione.

Sicuramente gli avvocati della Thyssen ricorreranno contro la sentenza in Appello ed eventualmente in Cassazione.

Sarà interessante capire gli sviluppi di tale sentenza e vedere se effettivamente l’amministratore delegato andrà fisicamente in galera.

Da parte mia posso dire che spesso sia nel mondo del privato che nel pubblico (anzi per quanto ne so, peggio nel settore pubblico che nel privato) chi è al vertice  è perfettamente a conoscenza di gravi situazioni di rischio e ciononostante non fa nulla. Quindi a mio avviso vi potranno essere altri casi analoghi a quello Thyssen e di questi gli amministratori di azienda dovranno tenere conto.

Recentemente con l’inserimento dei reati della sicurezza e salute nel D.lgs 231/01 relativo alla responsabilità amministrativa delle organizzazioni sta aumentando il numero delle aziende che implementano sistemi di gestione della sicurezza e modelli organizzativi 231 nella speranza di non incappare nelle pesanti sanzioni del D.lgs 231/01.

Vi sono aziende che lo fanno con coscienza ottenendo miglioramenti reali. Vi sono altre aziende che purtroppo cercano di ottenere la certificazione a tutti i costi in tempi rapidi, concentrandosi più sugli aspetti documentali che sugli adeguamenti delle strutture, impianti e organizzazione reale della sicurezza nella speranza di trovare qualche ente di certificazione compiacente.
In pratica al spinta a dotarsi di un modello organizzativo D.Lgs .231/01 non sempre va nella direzione della prevenzione.

La sentenza Thyssen in ogni caso ci deve ricordare che più che le carte devono contare i risultati.

Purtroppo i 16 anni di galera l’amministratore non restituiscono la vita alle vittime sfortunate di questo tragico infortunio e la serenità ai loro famigliari.

 

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