Pubblicato il 30 Marzo 2020

cLa  valutazione dei rischi non è fine a se stessa

Di ing. Riccardo Borghetto

In questo periodo c’è una discussione animata tra addetti ai lavori in merito all’obbligo o meno della stesura del documento di valutazione dei rischi relativo al rischio biologico da Covid-19.

Le argomentazioni che vengono utilizzate dai commentatori sono basate sull'interpretazione della norma di legge e di cosa vuole significare.

Voglio fornire il mio contributo analizzando la questione da un punto di vista diverso tenendomi il più lontano possibile dalle norme di legge e pensando alla questione in termini pratici.

Qual è lo scopo delle norme? E qual è lo scopo del processo di valutazione dei rischi? A che serve?

La valutazione dei rischi non è fine a se stessa. Ha uno scopo.

Quello di analizzare in dettaglio i pericoli, stimare i rischi, le mansioni esposte, per poi individuare le misure di prevenzione di prevenzione e protezione da attuare per ridurre il rischio.

Ciò che riduce infortuni e malattie professionali:

  • non è il processo di valutazione dei rischi
  • non è la stesura del documento di valutazione dei rischi
  • nemmeno l’individuazione delle misure di prevenzione e protezione.

Ciò che fa ridurre rischi e malattie professionali è solo l’attuazione pratica, concreta, puntuale delle misure di prevenzione e protezione. Non a caso Governo e Governatori delle Regioni ripetono fino alla pedanteria più volte al giorno le misure che devono essere messe attuate.

Nel caso del rischio biologico da Covid-19 conosciamo:

-qual è l’agente che genera il rischio: un virus

-la malattia che può generare: da sintomi non rilevanti fino alla morte

-la velocità di diffusione

-la letalità

-chi sono le persone esposte: potenzialmente tutta la popolazione mondiale (ad oggi i contagiati nel mondo sono circa 500.000 in crescita rapidissima)

- chi sono le persone più vulnerabili (persone molto anziane e/o con particolari patologie, più l’uomo che la donna)

-le categorie più a rischio: i sanitari, chi lavora o vive in casa di riposo, chi è contatto ravvicinato con molte altre persone

-le situazioni più a rischio: i luoghi affollati

-i meccanismi di contagio

-le misure di prevenzione della diffusione: dal distanziamento delle persone, alla pulizia delle mani, alla sanificazione degli ambienti ecc.

Quindi la valutazione del rischio biologico da Covid-19, nei posti di lavoro diversi dalla sanità, laboratori ecc., e l’identificazione delle misure di prevenzione e protezione è già un dato di fatto acquisito. Non serve rifarlo. Inoltre il Datore di Lavoro non ne ha le competenze.

Per quanto attiene alle misure di prevenzione e protezione, sono decise a livello mondiale dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e altri enti Istituzionali, in Italia dai Ministeri competenti e dall'Istituto Superiore di Sanità e altri soggetti Istituzionali.

Il Governo e Le Regioni hanno già recepito e tradotto tali misure in norme di legge da adottare negli ambienti di vita e di lavoro.

Stante la gravità e l’urgenza del momento, viene data più importanza alla sostanza delle questioni che l’aspetto formale, tant'è che viene concesso l’uso di DPI non marcati CE, viene concesso lo smart working senza la formalizzazione dell’accordo tra le parti e per l’informativa si può utilizzare un modulo standard dell’Inail. Sempre nell'ottica della semplificazione è consentita l’erogazione dei corsi di formazione in ambito sicurezza in modalità video conferenza. La Regione Veneto ha già deliberato in tal senso. Molti aspetti burocratici che rendono l’Italia un paese immobile, l'unico tra i grandi che non cresce mai, si stanno lentamente sfaldando. Sono consentite riunioni dei consigli di amministrazione, riunioni di organi dello Stato o tra Stati, per deliberare, in video conferenza. Insomma il virus sta facendo emergere la necessità di risposte immediate, pratiche ed efficaci dove la burocrazia, l’eccesso di aspetti formali è un ostacolo.

Le misure di prevenzione e protezione già decise dallo Stato e Regioni, sono state inserite nel recente Accordo tra lo Stato e le parti sociali per la prevenzione della diffusione del Covid-19. E’ stato stabilito l’obbligo di costituire un Comitato per l’applicazione e la verifica delle regole del protocollo di regolamentazione in ogni organizzazione.

Lo scopo del Comitato non è valutare il rischio, che è già acquisito, ma la verifica che vengano attuate le misure già elencate nel protocollo stesso. Quelle che contano.

E’ chiaro a questo punto che pretendere a tutti i costi la valutazione dei rischi, come qualche avvocato e qualche amministrazione locale sostiene, è un spreco di tempo inutile, eccessivamente fiscale, formale, che spreca risorse e non salva nessuno.

La redazione del documento di valutazione dei rischi di un rischio già valutato e noto, sarebbe solo un copia e incolla di misure inserite in norme di legge senza valore aggiunto.

Conviene dedicare le energie sulla vigilanza che le misure individuate siano realmente attuate come giustamente il protocollo prevede.

Riccardo Borghetto

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