Considerazioni tratte dal libro “Diario di un’apprendista astronauta” di Samantha Cristoforetti
Recentemente ho letto un libro bellissimo: “Diario di un’apprendista astronauta” di Samantha Cristoforetti, la prima donna astronauta italiana. Nel libro Cristoforetti racconta le fasi di formazione e addestramento che hanno preceduto il tanto desiderato lancio sulla Soyuz, che la porterà poi a passare 200 giorni nella ISS, la Stazione Spaziale Internazionale.
Da professionista HSE mi ha appassionato soprattutto la descrizione di come la ISS gestisca le problematiche di sicurezza e salute degli astronauti in un ambiente unico, dove si lavora e si vive per lunghi periodi in spazi ridottissimi.
E anche se, ovviamente, stiamo parlando di un contesto eccezionale, mi sono reso conto che alcuni insegnamenti sono applicabili e utili in molte organizzazioni e situazioni ordinarie.
Ecco alcuni degli spunti a mio parere più interessanti:
Estrema attenzione alla progettazione.
Dalla struttura, agli impianti, alla formazione, all’organizzazione, nulla è lasciato al caso. Nemmeno quante salviettine per lavarsi le mani restano a disposizione. Tutto è riportato in documenti scritti facilmente consultabili in poco tempo, anche se da persone molto esperte.
Integrazione di sicurezza e salute in tutte le fasi di progetto ed esecuzione.
La sicurezza non è una cosa in più, ma sicurezza e salute fanno parte integrante delle attività svolte.
Precisa catena di responsabilità.
In ogni situazione è chiaro chi deve prendere le decisioni importanti senza fraintendimenti, sia a terra (capo missione, capo delle comunicazioni, responsabile medico, responsabile delle attività addestrative ecc) che a bordo del razzo lanciatore (comandante, ingegnere di navigazione) e della ISS (capo della Stazione Spaziale Internazionale).
Lavoro di squadra e fiducia.
Dal momento che un errore può essere fatale per tutti, è importante fidarsi ciecamente del proprio collega. Questo è il motivo per cui molte delle attività di addestramento sono condotte con tutta la squadra presente e vengono simulate situazioni in cui ognuno deve svolgere correttamente la propria parte. Gli istruttori e le commissioni di abilitazione non verificano solo la capacità operativa del singolo, ma anche e soprattutto la capacità di lavorare in team in armonia e di prendere decisioni critiche in poco tempo con informazioni parziali o in parte sbagliate. Non è possibile litigare in un ambiente che per definizione è stressante, visto il poco spazio disponibile, l’assenza di gravità e i rischi sempre presenti. Non si può scoprirlo dopo aver mandato in orbita gli astronauti. Dal racconto di Samantha traspare un clima di reale fiducia, collaborazione e aiuto reciproco.
Procedure, procedure e ancora procedure.
Tutto è proceduralizzato con una sequenza ben precisa di passaggi, ciascuno dei quali è fondamentale: procedura per il lancio, procedura per l’avaria durante il lancio, procedura per la “cattura” della ISS, procedura per il ritorno balistico ecc.
Formazione teorica e addestramento, tanto anzi tantissimo addestramento.
In totale circa 3-4 anni di preparazione per una missione che può durare 6 mesi. Ovvio che buona parte dell’addestramento, una volta conseguite le idoneità va bene anche per altre missioni. Ma in ogni caso le abilitazioni scadono a tempo. Per cui anche se un astronauta ha al sua attivo 4-5 missioni deve rifare certe tipologie di addestramento.
Tutti devono conoscere le procedure di emergenza.
Certe abilità, come individuare un incendio o un sensore che non funziona durante un’emergenza incendio, devono essere acquisite da tutti gli astronauti, visto il loro numero esiguo. Anche qui le prove sia durante la formazione, sia durante la permanenza sulla ISS sono continue per mantenere una prontezza operativa efficace.
Gestione degli errori e incidenti e variazioni.
Stante la particolare situazione sulla ISS, gli errori sia dei sistemi, sia umani possono costare cari. Quando ci sono scostamenti, anomalie, piccoli incidenti e cambiamenti che possono alterare le condizioni di sicurezza parte un’attività di indagine molto approfondita sia sulla ISS che a terra alla NASA, ESA, ROSCOSMOS o presso altre agenzie spaziali per capire a fondo le cause e il loro impatto futuro.
Ripeto, nonostante la peculiarità dell’ambiente di lavoro ISS, penso sia utile riflettere su questi spunti per capire cosa significa mettere in atto una serie di procedure che concretamente servano a preservare sicurezza e salute dei lavoratori (in questo caso gli astronauti). E quanto questo approccio sia diverso da quello che spesso tocca vedere in tante aziende, un approccio vuoto, cartaceo, legato solamente alla preoccupazione dell’adempimento agli obblighi di legge.
A proposito, chi si occuperà delle ispezioni SPISAL nella ISS visto che ci sono lavoratori Italiani a bordo?
Buona lettura.
Riccardo Borghetto
PS: trovandomi in questi giorni in Florida per partecipare a BSN Behavioral Safety Now, ho fatto visita al Kennedy Space Center di Cape Canaveral, e mi sembra questo l’articolo più giusto per condividere alcune fotografie dell’incredibile centro visitatori.