Calo degli infortuni mortali: Lo scarso contributo delle direttive Europee
Di Ing. Riccardo Borghetto, Amministratore Unico di Lisa Servizi
Dopo ogni tragedia con più morti sul lavoro che abbia un certo eco sulla stampa, come il recente evento di Firenze, oltre alle solite frasi di rito, i politici, per dimostrare che il ruolo è utile, annunciano nuove regole, per fare quello che hanno sempre fatto in passato: più obblighi, più controlli, più formazione, più documenti.
Negli ultimi 20 anni quante volte l’abbiamo sentito? Quante modifiche ha subito la normativa in ambito della sicurezza? Quali sono stati i risultati reali?
I politici, di tutti i colori, non aspettano nemmeno di capire le dinamiche reali e le cause. Partono in quarta partendo da ipotesi ideologiche di lotta politica e altre motivazioni che nulla hanno a che fare con rapporto causa effetto.
Ma siamo proprio sicuri che aggiungere ancora norme di sicurezza riduca gli infortuni?
Per rispondere vediamo la situazione da un’altra prospettiva. Andiamo a vedere il numero degli infortuni dal 1951 ad oggi e lo confrontiamo con le varie norme che nel tempo si sono applicate.
La fonte del grafico è di SKY TG24 su dati Inail e si riferisce ai soli infortuni mortali registrati nel data base di Inail. Sappiamo che gli infortuni reali sono superiori come numero, visto che molti eventi non sono registrati da Inail, inoltre il numero di lavoratori occupati non è costante in un periodo cosi lungo, ma è in calo.
Si vede che dal 1963 al 1993 vi è un calo significativo del numero di infortuni mortali, anche se non in modo regolare. In questo periodo in Italia erano in vigore il DPR 547/55 e il DPR 303/56 e altre norme specifiche emanate prima del recepimento delle direttive sociali UE.
Le norme europee sulla sicurezza sono state recepite in Italia nel 1994 con il D.lgs 626/94 e rifuse nel D.lgs 81/08. L’andamento degli infortuni mortali a partire dal 1994 in poi è praticamente stabile, con alcune variazioni congiunturali (Covid, superbonus ecc).
Detto in altro modo, sembra che le direttive Europee, in Italia, abbiamo ostacolato il calo degli infortuni mortali, o perlomeno non abbiano dato un contributo significativo. Teniamo presente che in un periodo cosi lungo è migliorata di molto la tecnologia, la disponibilità di DPI più evoluti, si sono fatti milioni di DVR, migliaia di sistemi di gestione sicurezza e miliardi di ore di formazione.
Se teniamo conto che in tale periodo è calato significativamente il numero di addetti impiegati in mansioni a rischio, la situazione di stallo è ancora più evidente.
A mio avviso, quella per alcuni è la miglior normativa di sicurezza al mondo, quella Italiana, semplicemente non funziona. Non produce i risultati per la quale è stata emanata. E probabilmente, è il mio modesto parere, questo deriva da una concezione eccessivamente burocratica e formale della normativa, che ha spostato l’attenzione, il tempo e le risorse degli addetti ai lavori, dall’attenzione sui comportamenti in campo alle carte, agli adempimenti burocratici.
È la sicurezza dell’approccio giuridico normativo, delle sanzioni, dei modelli 231, che sposta la sicurezza su un piano non reale.
La realtà è altra cosa. Se vogliamo salvare vite umane serve un drastico cambiamento che passi per una impostazione molto più semplice e operativa.